HIRTEL
|
LE MONOGRAFIE DEL MUSEO VIRTUALE
|
N°
1
|
E'
con vivissimo piacere che diamo "alle stampe" la prima monografia retrospettiva sulla Hirtel e
sulla figura del suo fondatore: l'ingegnere Fulvio Lo
Martire. L'autore, Carlo Alberto Sciarretta, un cordiale
gentiluomo genovese in possesso di una passione ed una competenza nel
settore dell'alta fedeltà non comuni, può a buon diritto
vantarsi d'essere stato un cliente della Hirtel della prima ora;
egli ebbe inoltre un rapporto di quasi amicizia con
l'ingegner Lo Martire, che incontrò in numerose occasioni e con
cui ebbe ad intessere una fitta corrispondenza che si protrasse per
anni.
Consigliamo di cuore a tutti, e non solo ad un pubblico di addetti
ai lavori, la lettura dello scritto. Sciarretta
difatti, non limitandosi ad aspetti puramente tecnici o
biografici, coglie l'occasione per dipingere il fresco ritratto di
una società e di un paese curiosi, industriosi e vivaci,
in cui si stenta a riconoscere l'Italia sottosviluppata,
annoiata, supponente ma ignorante di oggi.
Marco
Gilardetti
Torino, gennaio 2010
Ci è quindi gradito porgerLe i nostri più distinti saluti
|
di
Carlo A. Sciarretta
|
L'ingegnere Fulvio Lo Martire e la Hirtel nelle memorie di un cliente
della prima ora
|
Tutti
i diritti di questo saggio monografico sono riservati.
Ne è vietata la riproduzione, anche parziale, senza citare
la fonte.
Per l'inserimento come voce bibliografica:
Sciarretta C. A.: Ci è quindi gradito porgerLe i nostri più distinti
saluti.
L'ingegnere Fulvio Lo Martire e la Hirtel nelle memorie di un cliente
della prima ora.
Museo Virtuale Hirtel (su web). Torino, gennaio 2010.
raticamente costretto dal
buon Marco Gilardetti, creatore e custode di questo bellissimo
museo virtuale della Hirtel, al quale rinnovo i miei più sinceri
complimenti per questa opera che ha riportato alla memoria di noi vecchi
nostalgici la passione per l'alta fedeltà made in Italy e
sopratutto la passione per questa mitica azienda, mi accingo a
fatica a scrivere queste mie "memorie" sulla Hirtel e sul suo
creatore: l'ing. Fulvio Lo Martire, che conobbi
personalmente e rividi in più occasioni.
Questo ingrato (ma piacevole) compito è toccato proprio a me, che
ho sempre avuto la media del cinque in italiano, per essermi
sentito in dovere di fornire al dott. Gilardetti una buona mole di
materiale cartaceo in seguito alla visita al Museo Virtuale.
Si tratta di dépliants piuttosto rari, listini,
cataloghi (di cui uno ritengo introvabile, forse unico esemplare
sopravvissuto) più ben 22 lettere della Hirtel a me indirizzate,
che ho sempre conservato religiosamente. Sono difatti una
persona che conserva tutto, e ancor più quanto è motivo di bei
ricordi. Perciò sono diventato, con piacere,
uno dei maggiori collaboratori del museo di Gilardetti.
Ritengo superfluo descrivere ulteriormente me stesso;
aggiungerò solo che ho 64 anni. All'epoca della mia
conoscenza con l'ing. Lo Martire di anni ne avevo 18, ed
avevo inoltre una smodata passione, oltre che per la musica in se,
anche e sopratutto per il buon ascolto della stessa. In Italia l'alta fedeltà
era agli esordi, ed io ero alla ricerca del modo per mettere
assieme un buon complesso stereofonico.
Fu un mio carissimo amico di Genova, Renato Baghino,
a farmi scoprire le "gioie" dell'hi-fi facendomi
ascoltare il suono del suo meraviglioso radiofonografo Grundig SO 390 stereo ad
alta fedeltà. L’apparecchio era addirittura equipaggiato con un
equalizzatore a cinque bande e riverbero: entrambe dotazioni
eccezionali per quegli anni! Era forse quanto di meglio si
potesse acquistare all'epoca nell'ambito dei radiogrammofoni commerciali
di lusso. Renato possedeva anche dei long playing
della Audio Fidelity, celebre marca che produceva incisioni di una
notevole qualità sonora. Rimasi colpito da quel suono.
Era l'anno 1962 circa.
Però non volevo un radiogrammofono, per quanto notevole,
perché in casa ne avevamo già uno molto valido sebbene monoaurale (un
Philips hi-fi biamplificato, con crossover elettronico e
stadi finali separati per i bassi e gli acuti). Desideravo
qualcosa di più, ma anche qualcosa di meno ingombrante;
per questo mi indirizzai verso la nuova formula dei componenti separati:
giradischi, amplificatore e diffusori.
|
Frontespizio del catalogo Hirtel per l'anno 1962, il più antico finora
noto. |
A Genova, a quell'epoca, non era facile trovare quanto
desideravo. Faceva eccezione la grande Ricordi che iniziava
a trattare i complessi stereofonici ad alta fedeltà, come
si diceva all'epoca. Il tecnico della Ricordi mi consigliò
alcune apparecchiature: iniziando dal giradischi mi propose
un buon Garrard 4HF (allora considerato "semiprofessionale"),
che acquistai;
come amplificatore propose invece un Bogen, marca che
personalmente non conoscevo perché ancora un po' ignorante in materia
(ho scoperto solo recentemente su una rivista del settore che si
trattava di un amplificatore coi fiocchi). Presi in
considerazione anche il modello di punta della Philips (non ricordo più
la sigla). Discutendo col mio amico Renato la scelta dell'ampli,
lui mi mostrò un dépliant della Hirtel che illustrava tutti i
prodotti della ditta. Considerati caratteristiche e prezzo,
ritenni il (oggi) famoso C40S un'ottima scelta. Diedi così
incarico alla ditta Ricordi di ordinarmelo, perché a mio
giovanile giudizio la cosa mi dava più tranquillità (se si guasta o
funziona male ci penserà Ricordi, mi dicevo; oppure: la sconosciuta
ditta Hirtel invierà certamente alla grande Ricordi un apparecchio
super-collaudato). Eravamo nel maggio del 1963, e pagai
l’amplificatore 98000 Lire.
Avevo in casa il piatto Garrard 4HF e l'amplificatore Hirtel ed ero già
soddisfatto. Dovevo però acquistare una testina e decisi
quindi di contattare, per la prima volta, la Hirtel a mezzo
lettera. Ricevetti risposta l’11 giugno 1963 (rif.
RC/PV/528/63). In sunto mi veniva detto che il piatto da me
acquistato non era ahimè il più adatto per audizioni ad alta fedeltà,
mentre come testina mi veniva consigliata la Shure M.77.S.
Il giorno 27, stesso mese, feci l'ordine della testina e nel
contempo chiesi, sempre per lettera, le caratteristiche dei
diffusori Auditorium; ricevetti risposta in data 26/6/1963 (rif.
RC/PV/528/63) e poi ulteriori
dettagli in data 2/6/1964 (rif.
RC/PV/359/64).
Voglio far presente che all'epoca si scriveva frequentemente perché non
era ancora in funzione la teleselezione "da utente" ma solo
quella tramite operatrice, per cui effettuare una chiamata
intercomunale era poco usuale dati i tempi ed i costi.
In possesso della testina, giuntami a mezzo pacchetto
contrassegno, potei finalmente provare alla bell’e meglio
l'impianto collegando all'amplificatore due diffusori autocostruiti
"così così"; si capiva comunque benissimo che il
buon suono c'era eccome! Su uno dei diffusori,
null’altro che un semplice pannello, erano però montati un woofer,
un midrange e un tweeter Sphericon della University,
quindi dei trasduttori nient’affatto scarsi. Ma i bassi,
senza cassa acustica... non c'erano! L'altro diffusore era
una cassa aperta autocostruita con un grosso woofer Philips più un
ottimo ed economico mid/tweeter della stessa marca.
|
Il palazzo di Corso Francia 30, la "sede storica" della Hirtel
ed anche quella meglio nota agli appasionati di alta fedeltà, come si
presentava nel maggio del 2008.
|
Per non divagare troppo giungo al punto saliente della mia personale
"relazione" con la Hirtel. Dico
"relazione" perché alcuni miei amici non audiofili, ai
quali facevo comunque una testa così con questa Hirtel, si erano
ormai convinti che fosse... una ragazza di Torino! Ad un
certo punto decisi di recarmi personalmente presso il capoluogo
piemontese per curiosità ma sopratutto per poter ascoltare le famose
casse Auditorium che erano costruite con i migliori altoparlanti (della
classe media) disponibili sul mercato. D’altro canto
andare in treno da Torino a Genova era un viaggio breve e piacevole.
Mi recai per la prima volta presso la Hirtel nel maggio del 1964.
Telefonai ovviamente qualche giorno prima e l'ing. Lo Martire mi diede
un appuntamento; mi suggerì anche quale tram avrei dovuto
prendere per scendere in Corso Francia, che all'epoca era percorso
dalla linea numero uno. Per inciso, io
non sapevo (o non mi ero mai preoccupato di sapere, le rare volte in cui
telefonai) con chi stessi parlando al telefono. Non sapevo
che all’altro capo del filo ci fosse il titolare unico dell’azienda,
né conoscevo la dimensione di questa piccola ditta. Tant’è
che ancora successivamente alla mia prima visita alla Hirtel, in
occasione di una mia ulteriore telefonata, parlando con la
segretaria le chiesi di passarmi gentilmente << quel signore che
mi disse d’essere nato a Savona >> ignorando che si trattasse
del titolare e non ricordandone, peraltro, il nome.
Sarà stata la mia poca attenzione, non ricordo più bene.
Come tutti i visitatori del museo Hirtel sanno, la sede si trovava
in Corso Francia al numero 30. Recentemente però è stato
appurato, proprio grazie ad un vecchio e raro catalogo che mi
diede allora l'amico Renato Baghino,
che vi fu una sede precedente sita in via Beaumont al N° 25.
A conti fatti, comunque, la prima sede fu operativa per non
più di tre anni. Per cui possiamo benissimo considerare
come sede storica, oltre che ben nota a tutti, quella
di Corso Francia.
Inutile descrivere lo stabile perché ben si vede nelle ottime foto
scattate da Gilardetti. Al mio arrivo non stavo - come si
suol dire - nella pelle, come tutti gli appassionati potranno ben
immaginare: stavo per entrare nel mio tanto sognato
"regno delle meraviglie".
Vorrei precisare a tutti quelli che leggeranno questi miei ricordi che
sono passati ben 45 anni, per cui non posso ricordarmi bene tutto!
Ad ogni modo, la sede consisteva in un grande appartamento a piano
terra, alla destra del portone d'ingresso, e ricordo che
almeno due finestre (di cui una nello studio dell'ing. Lo Martire)
davano sul Corso. Nello studio dell'ingegnere vi era un
mobile, o meglio un bancone alto e stretto, posto lungo la
parete sinistra (entrando nella stanza) sul quale erano sistemate le
apparecchiature: un bellissimo Thorens TD124 con braccio
Thorens BTD/12S e un amplificatore, forse il C40S/super o forse,
anzi più probabilmente, già un ampli a transistor (un
prototipo?) e qualche altra apparecchiatura. Le casse
acustiche, le Auditorium, erano poste (se non ricordo male)
di fronte, e quindi pressappoco lungo la parete con la finestra.
Forse mi aspettavo una ditta meno "appartamento", come
mostrava d'essere in realtà la Hirtel. I pavimenti erano a parquet,
pertanto era veramente un tipico appartamento ad uso privato (o meglio:
ex-privato) torinese.
|
L'ingegner Fulvio Lo Martire ritratto nel suo studio. Alle sue spalle si
scorge probabilmente una porzione del quadro descritto dall'autore.
|
Eccomi finalmente di fronte all'ingegnere che non sapevo, come ho
già detto, fosse il titolare. Era un uomo di
bell'aspetto, ben vestito di un abito di grisaglia, una
persona sicura di sé che dava fiducia. Aveva uno sguardo
vivo, talvolta - oserei dire - abbastanza penetrante.
Non era una persona eccezionalmente affabile, ma si sa... ad un ligure-piemontese
non si può chiedere più di tanto da questo punto di vista!
La
prima volta che conobbi l'ingegnere gli chiesi difatti se egli fosse di Torino;
lui mi rispose che era nato a Savona e che, trasferitosi a Torino,
si era laureato in ingegneria elettrotecnica (e non elettronica,
come avrei pensato). Per precisione, non rispose ad
una mia domanda diretta: domandatogli cosa rappresentasse il
bel quadro appeso dietro la sua scrivania, l’ingegnere rispose
<< è la mia città, Savona, e (se non ricordo male, n.d.a.) il
quadro raffigura uno scorcio del porto >>. Era comunque una persona piacevole, competente e piena di passione
per il proprio lavoro. O meglio: per la propria creatura, la Hirtel, perché sapeva - ed era orgoglioso di
dirlo, anche nei suoi dépliants - che la sua ditta realizzava
ottimi prodotti, veramente concorrenziali anche sui mercati
esteri. Ricordo ad esempio che in qualche occasione mi confidò, con malcelato
orgoglio, che un suo importante cliente era il famoso chirurgo
professor Dogliotti.1
Dopo i primi convenevoli si parlò ovviamente del mio abbozzato impianto
stereo. Io però volevo sopratutto ascoltare le tanto
agognate Auditorium. Caspita se andavano bene!
Erano riproduttori a sospensione pneumatica con un ottimo woofer
Jensen C12 NF a bassissima frequenza di risonanza. Parlando
di casse acustiche, mi disse che secondo la sua opinione la cassa
ideale era un sandwich composto di due pareti di truciolato
formanti un'intercapedine riempita di sabbia. Idea non nuova2
e davvero poco pratica. Indimenticabile il suo stetoscopio!
L'ingegnere aveva escogitato un sistema per poter rilevare (almeno a suo
dire) eventuali risonanze dannose entro le casse acustiche:
le auscultava con lo stetoscopio che talvolta si portava appresso!
Se non erro in quello stesso giorno (siamo a maggio del 1964) mi accennò
già ai prototipi Hirtel di amplificatori a transistor ed alla loro
superiorità. In qualche occasione successiva ricordo che l'ingegnere, per
dimostrarmi la robustezza degli stadi finali a transistor, prese
un cacciavite e, con l'amplificatore "a manetta" mise in
corto le uscite per gli altoparlanti! Solo scintille,
ma l'ampli non faceva una piega.3
Quando infine la Hirtel passò totalmente alla produzione di ampli a
transistor (1967/68) Lo Martire, per ovvi motivi commerciali ma
anche per convinzioni personali, di costi, etc. "tradì"
le valvole. Dichiarò esplicitamente anche a me la assoluta
superiorità dei transistor. In parte era vero.
Questa sua predilezione - di facciata o meno non ha importanza - la si
può notare anche nei suoi depliant pubblicitari, come il celebre
"comprereste un organo a vapore?". Era logico:
la Hirtel non poteva non adeguarsi alle richieste del mercato, che
voleva i transistor.
|
L'amplificatore
integrato Hirtel C40S, di cui Carlo Sciarretta possedeva un esemplare.
|
Quando intorno all'anno 1967, o giù di lì, pensai di
sostituire il mio C40S, mi orientai verso il C70S che montava dei
tubi preamplificatori di una serie a me allora sconosciuta:
i Compactron.4 L'ingegnere
quasi mi sconsigliò questa scelta, sebbene tempo addietro mi
avesse parlato molto bene di questo loro ottimo ampli, e mi
consigliò vivamente, forse a ragione, di acquistare un loro
apparecchio più moderno e potente ma sopratutto a transistor.
Ritengo davvero che l'ingegnere non credesse più di tanto, in
quel momento, ai tubi. I suoi nuovi apparecchi a
transistor << polverizzavano letteralmente >>, come
soleva scrivere anche nella pubblicità, quantomeno in termini di
specifiche, quelli valvolari.
Una volta, di sera, mi condusse in laboratorio dove assieme
ad un suo tecnico mi mostrò un test sulla distorsione di un
amplificatore a transistor. Sul banco c'erano ovviamente un
generatore sinusoidale, l'apparecchio in prova, ed un
favoloso Tektronix a memorie (forse serie 7000) collegato all'uscita
dell'amplificatore, in parallelo ad un carico fittizio.
Mi ricordo che quell'oscilloscopio (ultimo grido all'epoca!) aveva una
funzione mai vista: si poteva percorrere la forma d'onda con
un "segmento" mobile più verde, più visibile,
per poi ingrandire quel trattino nel punto scelto dell'onda da
analizzare e vedere meglio una eventuale distorsione. Non
c'era alcuna distorsione visibile e l'ingegnere se ne vantò
orgogliosamente, dicendomi: << Vede, signor
Sciarretta? I nostri amplificatori non hanno distorsione! >>
Tuttavia, quando in una visita successiva mi mostrò il nuovo C60/ST
rimasi contrariato perché l'ingegnere aveva avuto l'infelice idea di
eliminare i validissimi connettori RCA, già standard
mondiale, sostituendo tutti gli ingressi con le discutibilissime prese DIN
e le uscite, ancor peggio, con i famigerati "punto e
linea"!5 Gli chiesi,
con malcelato disgusto, il perché di tale scelta a mio avviso
infelice, fuori standard
(esclusa la Germania) e peraltro poco pratica ed affidabile.6
Ricordo solo che mi fornì una risposta poco convincente.
Che gran parte della produzione fosse esportata in Germania?
Problemi di costi? Impossibile dirlo. Penso però
a quei poveri utilizzatori costretti a farsi realizzare degli adattatori
RCA-DIN. Non avrei mai comprato gli amplificatori Hirtel di
quel periodo, pur se validissimi, con tali ingressi ed
uscite.
|
Tre
immagini dell'interno dello stabilimento Hirtel; fotografie prese nel
corso della storica visita di Saul Marantz all'azienda torinese.
|
Non ricordo di preciso in quale delle mie numerose
visite notai che nell'ex-appartamento non vi era che una grande sala
con una mezza dozzina di operai al lavoro. Chiesi
all'ingegnere dove avvenisse la produzione vera e propria.7
Non rammento esattamente cosa mi rispose, ma mi rimase l'idea che
la linea di montaggio si trovasse in altro luogo.
Probabilmente, ma questa è una mia personalissima ipotesi,
l'ing. Lo Martire faceva montare e cablare tutti (o in parte) gli
amplificatori a degli "esterni". E' ben noto che
alcuni amplificatori Hirtel erano venduti anche in scatola di montaggio
(come i Dynaco), pertanto azzardo l'idea che forse qualche bravo
studente della Scuola Radio Elettra (con cui è noto che la Hirtel aveva
stretti rapporti) collaborasse alla produzione a costi vantaggiosi.
Ripeto: è una mia ipotesi, ma d'altro canto la Hirtel
aveva pur la necessità di contenere le spese al massimo per poter
offrire sul mercato prodotti validi ad un ottimo prezzo.
Tra le altre cose che ricordo di aver sentito dire dall'ingegnere a proposito
degli impianti che la Hirtel produceva è che lui si avvaleva di un
"drappello" di pochi ma esperti audiofili, sopratutto musicisti,
i quali ovviamente davano un notevole contributo - grazie al loro giudizio
da veri competenti - all'affinamento ed al miglioramento dei prodotti della
ditta, casse acustiche comprese. Se non erro,
ciò era riportato anche in alcune pubblicità della Hirtel.
Un giorno l'ingegner Lo Martire mi accompagnò alla stazione di Porta
Nuova con la sua nuovissima Alfa Romeo Giulia. Si mise a
guidare come un matto, percorrendo Corso Francia ad una velocità da ritiro patente. Francamente non ebbi paura,
anzi apprezzavo la guida veloce, ma ritenni quell'esibizionismo
- mi si perdoni il termine - non consono alla sua posizione.
Insomma mi parve un atteggiamento piuttosto sopra le righe, non molto
professionale.8
Tornando con la memoria agli anni '60, a questo punto il componente più importante che ancora mancava al
mio incompleto impianto erano i riproduttori acustici. Come ho già detto le casse
Auditorium della Hirtel andavano notevolmente bene, anche in
relazione al prezzo ed alle dimensioni. Montavano ottimi altoparlanti
di marche eccellenti: Jensen e University.
Avrei potuto - anzi dovuto - acquistarle ad occhi chiusi, ma il morbo incurabile della
malattia nota come "Alta Fedeltà" mi aveva già contagiato e mi portò ad una
escalation esagerata. Poiché ebbi modo di ascoltare presso la
famosa LARIR di Milano le celebri Voice of the Theatre ed a Genova le più che
ottime Electro Voice Seven (un sistema a quattro vie con woofer da 45 cm),
le "piccole" Auditorium mi sembravano ormai "poca roba". Parlando con l'ingegnere,
che aveva capito benissimo le mie cresciute esigenze, questi incominciò ad elogiarmi gli
altoparlanti JBL a tromba e a descrivermi lo Stephens da 15 pollici come il miglior
woofer di quel tempo; così alla fine decisi di farmi realizzare
artigianalmente dalla Hirtel due casse di notevoli dimensioni con,
per l'appunto, altoparlanti di queste marche. Non mi
dilungo oltre riguardo a questa realizzazione "su misura", che è
descritta in una sezione apposita del Museo Virtuale.
Ricevuti finalmente i "cassoni" il giorno 14 aprile 1969, era ovvio che
il mio caro ampli Hirtel C40S da poco meno di 20 watt per
canale non sarebbe più stato adeguato a far lavorare al meglio i nuovi riproduttori,
pertanto decisi di sostituirlo. Ma ormai a Genova erano nati nuovi rivenditori di componenti
ed impianti hi-fi di gran qualità, e mi ritrovai a
tradire la Hirtel. Inizialmente propendevo per l'acquisto di un
Dynaco PAT-4 (preamplificatore) più un finale Stereo 120 da 60 watt per canale
(che era rappresentato, unitamente agli apparecchi Pioneer ed
Electro-Voice, dalla ditta Matteoni). Sarebbe stata la miglior scelta in assoluto,
date anche le ottime recensioni, ma erroneamente, essendo diventato amico del titolare di un altro importante negozio
hi-fi di Genova scelsi (anche perché costava meno) il noto Sansui AU 777 (30+30 watt).
Forse non scelsi più un Hirtel proprio per via degli orridi ingressi DIN,
ma non ricordo più bene; forse fu solo perché l'esclusivista della
Sansui fu molto convincente ad orientarmi verso quel prodotto.
Il 777 non andava affatto male, solo che non aveva né l'alimentazione stabilizzata
né la potenza del Dynaco.
Ebbi comunque modo di vedere ancora l'ing. Lo Martire in occasione di tutti i
S.I.M. a Milano e di risentirlo telefonicamente più volte, anche perché gli indirizzai due acquirenti:
un amico e mia cugina.
La Hirtel, a mio avviso, è stata una "grande piccola ditta" che diede un impulso
non da poco all'alta fedeltà italiana realizzando validissime apparecchiature,
addirittura concorrenziali con quelle del mercato americano.
Ma, sopratutto, fu una ditta assolutamente seria.
Un grazie di cuore all'ingegner Fulvio Lo Martire, decisamente il pioniere
dell'hi-fi italiana. Spero tanto che un giorno voglia fare una
visitina al memorabile "suo" museo al cui creatore, il bravissimo e competentissimo dottor Marco Gilardetti,
va tutto il mio plauso, la mia stima e la mia riconoscenza per avermi fatto rivivere un periodo nostalgico ma davvero appassionante
della mia vita.
NOTE
1. Achille
Mario Dogliotti (1897-1966), celeberrimo medico e pioniere della
cardiochirurgia. La Città di Torino ha intitolato alla sua
memoria la via che percorre il lato est dell'ospedale Molinette.
(n.d.e.)
2. La
britannica Wharfedale produsse dei diffusori acustici costruiti con
questa tecnica. (n.d.e.)
3.
Si tenga presente che all'epoca anche amplificatori di gran marca
cedevano facilmente addirittura senza carico collegato. (n.d.a.)
4.
Si tratta di una serie di valvole introdotte nel 1961 dalla General
Electric con l'esplicita intenzione di lanciare un prodotto che per
almeno qualche anno fosse ancora competitivo con i transistori.
In un'ottica di limitazione di ingombri e di costi, le Compactron
furono munite di dodici piedini su una montatura totalmente in vetro
contenente unità attive multiple fortemente integrate (es: doppio
triodo / pentodo; doppio triodo / doppio diodo; pentodo / tetrodo di
potenza; ecc.). (n.d.e.)
5.
Per precisione, anche i connettori per altoparlanti
"punto-linea" fanno parte dello standard c.d. "DIN".
(n.d.e.)
6.
In realtà i connettori circolari c.d. "DIN" (poiché
inizialmente introdotti dal Deutsches Institut für Normung) sono
uno standard mondiale di largo uso non solo nel settore audio;
inoltre la loro affidabilità e praticità è a tutta prova.
Tuttavia il severo giudizio dell'autore è per molti versi condivisibile
in quanto le connessioni RCA (per gli ingressi) e non terminate (per le
uscite) erano già ampiamente diffuse nel settore dell'alta fedeltà
all'epoca dei fatti. La scelta della Hirtel era quindi in
controtendenza e, per molti versi, addirittura
autolesionista. (n.d.e.)
7.
Si intende suggerire che le poche forze lavorative fisicamente presenti
in azienda fossero largamente sproporzionate al fatturato e alla quantità
di pezzi prodotti dalla ditta. L'impressione che ebbe
l'autore è molto probabilmente ragionevole. Tuttavia non si
può ignorare che i dati di produzione e i ritmi di lavoro dell'azienda
sono quasi totalmente sconosciuti, così come è ignoto se la
Hirtel producesse stock di magazzino o lavorasse pressoché su domanda.
In mancanza di dati certi, non è possibile escludere che il
numero di lavoratori visti dall'autore potesse in realtà essere
sufficiente a far fronte alle necessità della produzione. (n.d.e.)
8.
E' doveroso ricordare che l'ingegner Lo Martire era un appassionato
automobilista e sponsorizzava una squadra corse di rally;
l'autore quindi non intende descrivere le gesta di uno scriteriato,
ma quelle di un abile pilota in grado di controllare la situazione.
Questo, tuttavia, non scusa il grave atto d'aver violato
deliberatamente le norme del codice della strada, e nulla toglie
al severo giudizio che l'autore giustamente assegna al censurabile
comportamento tenuto in quella occasione. (n.d.e.)
ABBIAMO
BISOGNO DELLA VOSTRA COLLABORAZIONE!
|
Queste
pagine sono in costante aggiornamento ed espansione. Se possedete
apparecchi Hirtel e volete che siano esposti in questo museo, se avete
immagini, dati o nozioni storiche riguardanti la ditta Hirtel e la sua
gamma di prodotti, o se volete raccontare la vostra esperienza personale
con le elettroniche dell'azienda, siete
vivamente incoraggiati a scriverci.
|